La moda di domani non è fantascienza

Paolo Dario, professore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che da anni collabora con l’Istituto Modartech.

Dall’abito pixelato di Lagerfeld ai tacchi ad alta tecnologia, intervista a Paolo Dario, professore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Cosa c’entra la moda con la biorobotica? C’entra eccome. A spiegarlo è Paolo Dario, professore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che da anni collabora con l’Istituto Modartech per (di)mostrare ai ragazzi che le contaminazioni tra design e nuove tecnologie non sono solo possibili ma sono anche auspicabili.

1. Moda e biorobotica, quali sono le “contaminazioni” possibili?

Le contaminazioni esistono e sono possibili. D’altronde la robotica può essere un campo applicativo trasversale a qualsiasi settore. Si pensi ai nuovi materiali o alla leadership italiana nelle macchine per i tessuti o alle infinite applicazioni della tecnologia: abiti robotici indossabili, protesi personalizzate, indumenti sensorizzati e qualunque altro elemento originato da creatività, formazione e competenza, spirito innovativo: elementi che da sempre caratterizzano lo stile italiano.

La moda oggi può trarre enormi spunti da questo mondo per provare a proiettarsi in un futuro che non è fantascienza. I robot, che sono diventati un normale elettrodomestico, dettano anche canoni estetici. Possiamo immaginare un futuro popolato di robot che ci aiutano nella vita di tutti i giorni e che sono vestiti come noi, o noi un po’ robotici come loro, grazie agli abiti che indosseremo.

2. Ci fa qualche esempio di biorobotica abbinata alla moda?

Stampanti 3D, tagli laser e nuove tecnologie sono sempre più utilizzate per realizzare i vestiti, anche quelli di alta moda. Per gli stilisti che sono disposti a collaborare con gli esperti di tecnologia le tecniche di produzione digitale sono un’opportunità per sviluppare nuove forme estetiche e funzionali.

Famoso il caso dell’abito da sposa di Karl Lagerfeld in neoprene con uno strascico dal ricamo molto elaborato, che è stato disegnato a mano, scansionato al computer e poi “pixelato”. Vista da lontano la fantasia del vestito, formata da diamanti artificiali e perle sembra un semplice stile barocco; guardandola da vicino risalta invece il lavoro al digitale.

3. Quanto la tecnologia può essere d’aiuto nella progettazione della moda di domani?

Tecnologia e arte possono essere facce di una stessa medaglia: la tecnologia fa sempre più parte di moda e arte.

Nel 1917 Depero disegnava bozzetti di possibili costumi elettrici, nel 1956 Atsuko Tanaka, membro del gruppo Gutai, esponeva il suo primo vestito elettrico, mentre nel 1984 Jana Sterbak metteva in mostra il suo abito elettrico La Robe.

Noi per esempio abbiamo fatto ricerca nel campo della moda, per calzature di lusso, ottimizzando l’antistatica, inserendo contapassi, progettando solette innovative per l’ottimizzazione del comfort, studiando nuovi materiali e modalità di recupero di energia dal camminamento o nel caso di “tacchi ad alta tecnologia”, capaci di ammortizzare le vibrazioni e garantire comodità a chi li porta, così da combinare eccellente ricerca con eccellente manifattura.

4. Quanto sono importanti per l’istituto di biorobotica le partnership con realtà apparentemente distanti come quella avviata con Modartech?

Lo sono moltissimo. La cross fertilization consente la nascita di idee di innovazione radicale con applicazioni in tutti i campi del vivere quotidiano e dona spunti di creatività che è alla base tanto del mondo dell’arte quanto di quello dell’innovazione, con la differenza forse che il primo appaga – nel senso di compiacimento estetico e percettivo – e il secondo soddisfa – nel senso di realizzazione di una utilità che risponde a un bisogno, ma entrambi possono nascere da comuni dinamiche.

5. Quanto è importante, a suo avviso, lo studio delle nuove tecnologie per chi vuole avvicinarsi alla professione di designer di moda?

La robotica – in particolare la biorobotica – può interagire in modo positivo sull’economia e su tutti i settori che caratterizzano il “made in Italy” stimolando una situazione di “vantaggio” competitivo a partire dal presupposto che è il settore che, meglio di qualunque altro, ha il potere di rilanciare una tradizione affermata dell’Italia non solo nella meccanica avanzata ma anche nella manifattura. L’Italia del saper fare è cibo e moda, non è solo tecnologia, ma la tecnologia può sposarsi bene a entrambi.

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