il cappello nella moda, da Borsalino ai modisti inglesi

Complice il settore della moda, il cappello si è rapidamente diffuso negli ultimi decenni diventando un accessorio di uso comune e arrivando a qualsiasi classe sociale.

I dettagli fanno sempre la differenza in un look. Sono quell’accessorio in grado di rendere particolare o spettacolarizzare, ma anche di ridicolizzare o demolire l’intera costruzione dell’outfit.

È perciò importante scegliere accuratamente gli accessori, puntando su quelli che ci valorizzano e che si adattano meglio alla nostra silhouette.
Tra tutti gli accessori, uno dei più amati sia dagli uomini che dalle donne è il cappello.

Utilizzato fin dall’antichità, il cappello è da sempre molto apprezzato per la sua versatilità: può essere utilizzato come riparo dagli agenti esterni, ad esempio i raggi solari, il gelo o la pioggia, può simboleggiare lo status sociale di chi lo indossa (vedi le corone medioevali e rinascimentali o i copricapo degli antichi egizi) o semplicemente può essere utilizzato come vezzo per abbellire la figura o il look di chi lo indossa.

Complice il settore della moda, il cappello si è rapidamente diffuso negli ultimi decenni diventando un accessorio di uso comune e arrivando a qualsiasi classe sociale. Inoltre, grazie alla disponibilità di materiali, tessuti e modelli diversi, anche le tipologie di cappelli si sono velocemente diversificate, trovando una caratterizzazione precisa in ogni ambito della vita: il cappello a falda larga marrone viene immediatamente associato ai cowboys americani, la bombetta alla borghesia inglese, il basco agli uomini siciliani di un tempo.

Il cappello è entrato anche a far parte di vere e proprie “divise”, sia in ambito lavorativo, sia sportivo: si pensi ai berretti con la tesa nel baseball o ai caschetti in velluto per l’equitazione, agli elmetti di protezione della tenuta da lavoro degli operai dei cantieri edili o delle miniere, ai cappelli con pennacchi, simboli decorativi e colori particolari delle divise delle forze dell’ordine o delle guardie reali.

Il mondo del cinema, più di tutti, ha contribuito a creare il mito intorno al cappello come accessorio: Audrey Hepburn ha fatto sognare in Colazione da Tiffany con il suo cappello a falda larga perfettamente en pendant all’abitino nero di Givenchy, Sean Connery nei panni di James Bond ha fatto del cappello una parte imprescindibile del suo charme, Humphrey Bogart ha fatto innamorare tutto il mondo in Casablanca col suo cappello e il trench.

Nel campo della Moda gran parte del merito della diffusione del cappello e della creazione del suo mito va a Borsalino, un’azienda fondata ad Alessandria nella seconda metà dell’Ottocento che prende il nome dal suo fondatore, Giuseppe Borsalino.

I cappelli Borsalino, originariamente realizzati in feltro di peli di coniglio e destinati ad un pubblico maschile, furono acclamati dai consumatori sin da subito, riscuotendo un grande successo anche tra le donne perfino all’estero, specialmente nel Regno Unito dove spopolava il modello a bombetta, cappello british per antonomasia, e negli Stati Uniti d’America, dove in pochi anni l’azienda piemontese superò la competitor John B. Stetson Company.

Il mito di Borsalino è cresciuto così velocemente da arrivare oggi a designare ogni tipo di cappello, a prescindere dalla marca, che presenti le caratteristiche distintive originarie dei modelli Borsalino: il tessuto in feltro, la falda larga e la fascia di tessuto a contrasto (per colore o per materiale) intorno alla cupola, vale a dire la parte rotonda che copre la testa.

Da accessorio delle occasioni “speciali”, il cappello è oggi parte integrante del nostro abbigliamento quotidiano ed è utilizzato più come vezzo che come mezzo per ripararci da agenti esterni, al punto che in certi casi viene estremizzato, realizzato in forme inusuali e con materiali al limite del futuristico o dell’eccentrico.

Se si pensa al filone dei modisti celebri nel mondo, è impossibile non citare i “cappellai matti” Philip Treacy e Stephen Jones, amati dai nobili britannici, dalle star e da molti fashion designer, che si contendono le loro creazioni teatrali, divertenti, colorate e spesso eccessive per drammatizzare le collezioni in passerella, contribuendo così a perpetrare quel sogno fatto di stupore, arte, bellezza ed eccellenza che è il mondo della Moda.

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