È il corrispettivo dell’abito da uomo (infatti in lingua inglese è designato “lady’s suit”) e negli anni Ottanta simboleggiava il rampantismo professionale delle donne in carriera. Stiamo parlando del tailleur.
Il primo venne confezionato nel 1885 dal sarto inglese John Redfern per la principessa del Galles, riprendendo gli stilemi della cosiddetta hongreline tedesca, una giacca appuntata sul davanti e chiusa da una cintura, coordinata a gonna, divenuta popolare in Francia sotto il regno di Luigi XIII.
Il tailleur realizzato da Redfern era privo di fronzoli, abbinato ad accessori prettamente maschili (come gilet e cravatta), ma era tutt’altro che comodo e non agevolava i movimenti a causa dell’intelaiatura in crine, delle spalline imbottite e dell’uso di stoffe molto pesanti. Nonostante questo simboleggia uno dei primi passi verso l’emancipazione femminile.
Alla fine degli anni Venti Gabrielle Chanel, meglio nota come Mademoiselle Coco, libera la donna da inutili costrizioni realizzando un tailleur morbido in jersey, femminile e pratico, con gonna al ginocchio. Lo riproporrà nel 1954 senza collo, in tweed e impreziosito da bottoni dorati andando in opposizione alla rivale maison francese Dior, che al contrario secondo lei proponeva capi rigidi, difficili da portare e scomodi da conservare.
Nel mondo della moda il tailleur ha riscontrato molto successo, specialmente nelle sfilate di pret-à-porter. Negli anni Quaranta Balmain propone gonne sotto al ginocchio e cappellini un poco osé, impreziositi da piume e velette, in netto contrasto con le linee androgine e i tessuti maschili del tailleur.
Col susseguirsi degli anni, grazie alla stessa Chanel e Elsa Schiaparelli, il lady’s suit si trasforma: diventa sempre più morbido e aderente, abbraccia sinuosamente le forme femminili valorizzandole.
Nel 1966 Yves Saint Laurent propone un tailleur pantalone e lo trasforma nel primo completo smoking da donna, rendendolo accattivante ed estremamente sensuale, al punto che il fotografo Helmut Newton, nel 1975, lo immortala indosso ad una modella di sexy androginia che fuma in un vicolo.
Negli decenni successivi fino ad oggi il tailleur ha sfilato su decine di passerelle, reinventandosi di continuo nei colori, nei tessuti e nei tagli, ora rigoroso, ora provocatorio, portato come una seconda pelle con niente sotto, come suggerisce Armani nel 1993.
Ed è proprio la provocante allure del tailleur che strega ed incanta le dive del cinema: Marlene Dietrich, Joan Crawford, Ingrid Bergman in Casablanca, Scarlett Johansson nel noir Black Dahlia, Glenn Close in Attrazione fatale, Sigourney Weaver in Una donna in carriera.
Tutte hanno indossato ed interpretato il tailleur facendone un travestimento ed impersonando donne fiere, sprezzanti e incuranti degli sguardi di disapprovazione dei ben pensanti, quasi che il loro completo androgino fosse un’armatura o un rifugio sicuro.
Dalla sensualità fatale del mondo del cinema all’eleganza senza tempo della vita vera: grazie a regine di stile come Grace Kelly e Jacqueline Kennedy, il tailleur è entrato nell’immaginario comune e nei guardaroba delle donne di tutto il mondo, garantendosi lo status quo di completo sofisticato.
La principessa di Monaco ricevette la nomina nel 1956 sposando in un tailleur rosa di pizzo Ranieri di Monaco; Jackie Onassis ne indossò uno il 22 novembre 1963 al suo arrivo a Dallas con il marito, la loro ultima apparizione insieme.
Il tailleur scopre così la sua doppia anima: da una parte quella sicura, che sfida le convenzioni, maschile e provocante al contempo; dall’altra l’allure da favola, romantica ed elegante.
Senza tempo ed immortale.