la piccola grande rivoluzione della minigonna

Che cos'è la libertà? Per alcuni è poter viaggiare senza conoscere confini, per altri una condizione politica, per altri ancora un indumento, ad esempio una minigonna.

CHE COS’È LA LIBERTÀ? PER ALCUNI È POTER VIAGGIARE SENZA CONOSCERE CONFINI, PER ALTRI UNA CONDIZIONE POLITICA, PER ALTRI ANCORA UN INDUMENTO, AD ESEMPIO UNA MINIGONNA.

Gli anni ’60 sono conosciuti da tutti come il decennio dell’apogeo della libertà, del cambiamento e della dissoluzione. In Europa, Londra è l’emblema di tutto questo e la massima espressione della rottura col passato: con la musica rivoluzionaria dei Beatles, con la liberazione dai bigodini e dalle acconciature improponibili grazie a Vidal Sassoon, con gli indumenti disegnati dalla stilista Mary Quant.

È il 1966 e durante un servizio fotografico, Mary Quant fa indossare ad una parrucchiera di appena diciassette anni una gonna molto corta: la modella è Lesley Hornby, meglio nota come Twiggy Lawson. Da quel giorno entrambe, la ragazza e la minigonna, diventano icone di stile, celebri in tutto il mondo. Tra i benpensanti c’è chi non tarda a gridare allo scandalo e ogni qualvolta una ragazza che indossa una minigonna passa per strada, le teste dei passanti si girano come trottole, ma ben presto tutti sono costretti a ricredersi o, quantomeno, ad arrendersi: in poco tempo la minigonna diventa simbolo di emancipazione, di libertà, di femminilità, di una sensualità che finalmente può aprirsi all’esterno con tutta la sua potenza.

La prima minigonna, confezionata nel 1963, era corta 5 centimetri sopra il ginocchio e di anno in anno si accorcia vistosamente: prima di 10 centimetri, poi ancora di 20 e ancora, ancora più su, fin dove è permesso arrivare, fino al limite tra intrigo e mancanza di pudore, tra decenza e volgarità. Accanto a coloro che sono ancora sconcertati da questa gonna così corta e che non si addice affatto ad una donna perbene, c’è anche chi ne fa una musa, un altare votivo, ad esempio il fotografo Helmut Newton, che consacra la minigonna sin dagli albori e ne fa l’abito prediletto dei suoi scatti.

Passata la tempesta, gli stilisti di tutto il mondo si innamorano della minigonna e cominciano a proporla sempre maggiormente nelle loro collezioni, apprezzandone l’anima femminile e l’estrema versatilità: ora la accorciano, ora la riallungano, la tingono di nuance divertenti e la costruiscono con i tessuti più disparati: dal pizzo romantico al dinamico denim, dal plissettato bon-ton a lussureggianti tinte oro intarsiate di specchi, paillettes e incrostazioni preziose. Persino Yves Saint Laurent non riesce a resisterle: la incorpora nel suo famoso tailleur introducendo la minigonna nel mondo del lavoro e del business e aprendole così le porte a nuovi consumatori.

Sono passati ormai molti decenni da quando una piccola gonna corta è riuscita a creare un trambusto tanto forte e oggi pensare allo scandalo fa quasi sorridere. È impossibile pensare all’armadio di una donna, aprirlo e non trovare almeno una minigonna. È uno di quei capi evergreen che sono adatti a qualunque situazione e stagione, quei capi passe-partout che ti risolvono l’outfit, un po’ come il tubino nero, la camicia bianca o il paio di jeans.

Nonostante le mode e gli eccessi, nonostante in alcuni casi la minigonna diventi così mini da non essere più appropriata e vanificare tutto il bagaglio culturale che si porta dietro, resta pur sempre il manifesto di libertà di una generazione, un simbolo di femminilità e il più alto grado dell’essere donna: un valore inestimabile di cui andare fiere, per cui combattere e da esibire a gambe nude, a qualsiasi età.

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